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Roma, Camera dei deputati, 14 maggio 2007
RADIAZIONE DALL’ALBO DEI GIORNALISTI DI GIAMPIERO MUGHINI
Interpellanza presentata da Marco Boato

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere –premesso che:

in data 11 maggio 2007, il direttore del quotidiano Libero, Vittorio Feltri, ha firmato un editoriale dal titolo “Nuovo schiaffo al giornalismo:radiato Mughini”, nel quale denuncia l’avvenuta radiazione del giornalista Giampiero Mughini dall’Ordine nazionale dei giornalisti italiani per aver scritto alcuni articoli, pur essendo stato sospeso per due mesi dall’Ordine;

nell’editoriale, il direttore di Libero, fra l’altro, scrive: “A questo punto l’Ordine ha stabilito che la libertà di stampa, quella di opinione e di pensiero non appartengono ai cittadini, come dice l’articolo 21 della Costituzione, ma a dei signori che stabiliscono chi può usufruirne. Cancellato, Mughini non è più giornalista. Ora, se Mughini dovesse intervistare qualcuno o raccontare un viaggio, potrebbero denunciarlo per esercizio abusivo della professione”;

il vicedirettore de Il Corriere della Sera, Pierluigi Battista, in un editoriale pubblicato il 14 maggio 2007, il cui titolo è: “Bavaglio a vita per Mughini? L’Ordine dei giornalisti e una sentenza sciagurata”, afferma che “se a un giornalista italiano viene programmaticamente, perentoriamente, imperiosamente, inappellabilmente negato il diritto elementare di scrivere ed esprimersi, come pure dicono sia solennemente sancito dall’articolo 21 della nostra Costituzione, forse vale la pena spendere due parole di allarme e anche (oddio, che parola ormai resa grottesca dall’abuso che se ne è fatto) di indignazione”;
“Ora si scopre – scrive il vicedirettore de Il Corriere della Sera – che, in conseguenza di quella sentenza punitiva, il giornalista, condannato dai suoi colleghi depositari insindacabili del rigore etico della corporazione, avrebbe dovuto smettere di pensare, rendere pubblici i suoi pensieri, metterli su carta, comunicarli secondo le leggi che ne garantiscono la libera espressione. Ma ha disobbedito all’ordine (e all’Ordine) e allora gli hanno tagliato la testa. E la penna. La vicenda Mughini – afferma Pierluigi Battista nell’editoriale - ha dunque cambiato carattere: da disputa poco entusiasmante sul codice deontologico dei giornalisti (che i lettori potrebbero legittimamente considerare affari loro, cioè di noi della «casta») si è trasformata nell’applicazione prepotente del bavaglio a vita ai danni di un giornalista che vuole semplicemente continuare a scrivere e a rendere pubblico ciò che pensa”;

la Costituzione italiana, fra i principi fondamentali, all’articolo 21 stabilisce che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” e che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”;

numerosi pareri giuridici e in particolare nel codice della legislazione sulla stampa a cura di Silvio Cantarano e Cassiodoro Cantarano, in riferimento alla L. 3 febbraio 1963 n.69 “Ordinamento della professione di giornalista” si afferma che “anche chi non è iscritto all’albo può apportare al giornale il contributo della propria collaborazione. Il principio della libertà di collaborazione giornalistica è implicitamente, ma inequivocabilmente, riconosciuto dalla L. 3 febbraio 1963, n. 69 che,nell’articolo 35, ponendo quale requisito per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti una precorsa attività di collaborazione retribuita da almeno due anni a giornali e periodici, conferma che è ben possibile esprimere il proprio pensiero attraverso i giornali senza avere alcuna qualifica professionale”;

nella sentenza 21-23 marzo 1968 n.11 la Corte Costituzionale ha riconosciuto come sia lecita per chiunque anche una collaborazione giornalistica “che non sia occasionale né gratuita”;

la legge 3 febbraio 1963 n. 69 – articoli 28 e 47 - e la giurisprudenza costituzionale prevedono financo la possibilità che non iscritti all’Ordine e che “non esercitano l’attività di giornalista” assumano l’incarico di direttore responsabile di quotidiani o periodici;

tali principi costituzionali e legislativi concorrono coerentemente a che le nozioni di giornalista professionista (colui che esercita la professione in modo esclusivo) e di giornalista pubblicista (che svolge attività in modo retribuito e non occasionale) non siano di impedimento al principio di collaborazione giornalistica per coloro che non possiedono tali qualifiche;

fra le regole di deontologia professionale che la legge sull’Ordinamento della professione di giornalista eleva a norma legislativa, o fra i comportamenti che l’Ordine può sanzionare perché lesivi di interessi pubblici o di diritti altrui, o fra i diritti e doveri sanciti all’articolo 2 della Legge 3 febbraio 1963 n. 69, non è previsto alcun vincolo al principio di collaborazione giornalistica;

al Capo II della legge 3 febbraio 1963 n. 69, “Dei trasferimenti e della cancellazione dall’albo”, non vi è alcun riferimento alla fattispecie che avrebbe motivato, secondo quanto appreso dagli organi di stampa, la radiazione del dottor Giampiero Mughini dall’Albo -:

quale sia il giudizio in materia e quali iniziative, per quanto di propria competenza, il Governo intenda assumere al fine di garantire il pieno rispetto, nell’applicazione e nella interpretazione delle leggi, dei principi tutelati all’articolo 21 della Costituzione che sovrintendono ad ogni norma legislativa, ordinamentale e amministrativa che regolano l’esercizio della professione di giornalista;

quale sia il giudizio del Governo in ordine al principio di libera collaborazione, ribadito dalla Corte Costituzionale nella interpretazione delle norme legislative sull’ordinamento della professione di giornalista.

Marco Boato

 

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